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I Nematodi entomopatogeni

19mar2012

Le più importanti specie di nematodi entomopatogeni appartengono ai due generi Steinernema ed Heterorhabditis, rispettivamente delle famiglie Steinernematidae ed Heterorhabditidae (Nematoda, ordine Rhabditida).

Queste due famiglie, a partire da uno status di batteriofagi in associazione foretica con alcuni insetti, comune a tutto l’ordine, hanno in seguito evoluto un comportamento entomopatogeno. Entrambe abitano esclusivamente il suolo e sono ubiquitarie, essendo state isolate in tutti i continenti e da un ampio range di suoli.

Questi nematodi sono vermiformi ed incolori, di dimensioni da 0,4 ad 1 mm. Il loro ciclo passa attraverso la fase di uovo, 4 età larvali e lo stadio di adulto. La larva di terza età che costituisce lo stadio infettivo è anche l’unica fase a vita libera.

1- Penetrazione dell’ospite

I nematodi penetrano l’insetto ospite attraverso la bocca, l’ano o gli spiracoli per poi raggiungere l’emocele. Le specie del genere Heterorhabditis possono penetrare anche attraverso le membrane intersegmentali, utilizzando un rostro anteriore con cui scalfiscono la cuticola esterna. Questa non è solo una ulteriore via di accesso poiché in alcuni casi è la unica via possibile di penetrazione. Alcuni insetti infatti hanno spiracoli di piccolo diametro che ne precludono l’ingresso e spesso la bocca e l’ano sono tenuti chiusi troppo stretti per consentirne l’ingresso. Gli scarabeidi invece hanno gli spiracoli protetti, e inoltre defecano così frequentemente che i nematodi che penetrano dall’ano vengono espulsi poco dopo. Molti coleotteri sono anche in grado di espellere i nematodi dall’apparato boccale con gli arti anteriori. Pertanto la struttura del rostro consente ad Heterorhabditis spp. una maggiore infettività rispetto agli Steinernematidi.

 2- Azione entomopatogena

L’azione entomopatogena di questo gruppo di nematodi è legata ai microrganismi simbionti presenti in una camera batterica nell’intestino anteriore delle larve infettive di terzo stadio. Negli Steinernematidi questi batteri appartengono al genere Xenorhabdus mentre negli Heterorhabditidi al genere Photorhabdus.

Una volta nell’emocele dell’ospite il nematode secerne una tossina che inibisce la risposta immunitaria dell’insetto, quindi rilascia i microrganismi simbionti che si moltiplicano rapidamente e producono composti antibatterici che ostacolano la crescita di altri microrganismi.

La morte dell’insetto avviene entro 24-72 ore dalla penetrazione per l’azione congiunta dei due simbionti.

Gli insetti uccisi dagli steinernematidi diventano giallo-marroni, mentre quelli uccisi dagli heterorhabditi diventano rossi ed i loro tessuti assumono consistenza gommosa. Una fioca luminescenza emessa dagli insetti appena uccisi da Heterorhabditis è una prova dell’appartenenza a questo genere (il batterio simbionte è il responsabile della luminescenza).

Cadaveri neri in putrefazione indicano invece che l’ospite non è stato ucciso da specie entomopatogene ed i nematodi che possono trovarsi accanto a questi cadaveri sono in realtà specie saprofaghe a vita libera.

L’attività dei microrganismi crea un substrato ideale per lo sviluppo e la riproduzione del nematode. Il nematode nutrendosi sia dei batteri che dell’ospite in putrefazione può svilupparsi sino allo stadio adulto.

Pertanto i nematodi entomopatogeni sono un complesso nematode-batterio in simbiosi mutualistica. Il nematode vettora il batterio e questi provvede a rendere disponibile per il nematode un substrato favorevole al suo sviluppo.

Dopo uno o due cicli riproduttivi, sino a 500.000 larve infettive di terzo stadio per grammo, abbandonano il cadavere in cerca di nuovi ospiti. Prima della loro fuoriuscita, i microrganismi simbionti si localizzano nell’intestino anteriore dei nematodi in modo da perpetuare la simbiosi.

L’intero ciclo, dalla penetrazione nell’ospite alla fuoriuscita delle nuove larve infettive, dura circa 7-10 giorni a 25°C ma può variare molto non solo a seconda della temperatura ma anche in funzione della specie ospite e del ceppo di nematode.

 3- Diffusione e sopravvivenza

Le larve infettive dei nematodi si disperdono sia in orizzontale che in verticale, e sia attivamente che passivamente. La diffusione attiva richiede la presenza di un film liquido ed è limitata ad alcuni centimetri mentre quella passiva, ad opera di pioggia, vento, parti di suolo od insetti, può essere anche di chilometri.

Le larve infettive nella fase libera non si alimentano ma possono sopravvivere grazie alle loro riserve per alcune settimane, od anche per mesi, entrando in uno stato anidrobiotico che costituisce la più importante strategia di sopravvivenza.

La durata della sopravvivenza nel suolo in assenza di ospiti dipende anche dalla temperatura, dall’umidità, dall’azione dei nemici naturali e dal tipo di suolo.

Generalmente si tratta di settimane o mesi ed è maggiore nei terreni sabbiosi o limosi a bassa umidità e con temperature di 15-25°C, mentre è inferiore nei suoli argillosi ed a basse temperature. In mancanza di ospiti, gli Heterorhabditi sopravvivono meno degli Steinernematidi.

4- Insetti ospite

I nematodi entomopatogeni hanno un ampio range di insetti ospite ma il grado di infettività di ogni specie e ceppo di nematode varia molto nei confronti dei diversi ospiti. Nessuna specie o ceppo è la più infettiva per un grande numero di insetti ospite. Anche l’interazione tra i nematodi ed i loro batteri simbionti è specifica.

I principali gruppi di insetti controllati dai nematodi entomopatogeni sono:

Grillotalpe, pulci, blatte, tripidi, nottuidi, agrotidi, cossidi, sesidi, curculionidi, crisomelidi, scarabeidi, phoridi, sciaridi, agromizidi, muscidi.

Sebbene i nematodi entomopatogeni in laboratorio siano letali per un ampio gruppo di insetti, in campo tuttavia il range di ospiti è più ristretto a causa delle diverse condizioni ambientali e di utilizzo.

5- Vantaggi

L’impiego dei nematodi entomopatogeni in applicazioni di lotta biologica presenta numerosi aspetti vantaggiosi:

  • Grande efficacia contro diversi fitofagi;
  • Rapidità di azione;
  • Azione prolungata nel tempo per il perpetuarsi del ciclo nel suolo;
  • Applicabilità con le attrezzature convenzionali;
  • Assoluta sicurezza per le piante e gli altri organismi;
  • Nessun tempo di carenza o di rientro;
  • Attrezzature di sicurezza non richieste;
  • Compatibilità con molti fitofarmaci;
  • Selettività per gli organismi non bersaglio;
  • Nessun tipo di inquinamento (di acqua, suolo ecc.).